Willy Ronis era un fotografo parigino, uno dei più importanti rappresentanti del movimento chiamato: la fotografia umanistica. Si era dedicato alle immagini prese dal vivo (sur le vif) e in bianco e nero.

Suo padre gestiva un laboratorio di sviluppo e stampa, perciò Willy aveva avuto modo di familiarizzare con la tecnica.
Alla morte del padre però, decise di chiudere bottega per diventare fotoreporter di strada.

E così per ottant’anni fotografò dai marciapiedi di Parigi, la sua città, o meglio nel villaggio popolare all’interno, Belleville-Ménilmontant.

Questo era il suo nido, a cui negli anni ‘50, dopo anni di scatti quotidiani, dedicò un poema di bianchi e neri.

Willy fotografava dal vivo, non usava il cavalletto e aspettava il momento giusto per cogliere per puro caso lo scatto perfetto!

Ma mai in modo passivo, perché a sua detta “il caso bisogna meritarselo”.

Il famoso libro del signor Ronis: “Le regole del caso”, dovrebbe essere preso di riferimento da qualsiasi fotografo dilettante.

Il libro spiega quanto sia complessa e sapiente la contrattazione tra il fotografo e la realtà imprevedibile.

I parigini scoprirono con entusiasmo e commozione un fotografo a lungo dimenticato che riaprì i loro occhi sulla loro città. La coda riempiva rue de Rivoli. Nella primavera del 2006 centinaia di migliaia di persone attesero ore ed ore per vedere quella mostra all’Hotel de Ville, prorogata ben tre volte.

Gli italiani lo possono scoprire ora, nella sua prima grande retrospettiva alla casa dei Tre Oci di Venezia.

Qui sono esposte centoventi immagini originali scelte da Matthieu Rivallin. Anche se con meno intensità dei parigini, i suoi scatti potranno essere compresi ed apprezzati.

Willy era rimasto convinto fino all’ultimo che la fotografia sia un dono che bisogna solo sforzarsi di meritare.

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