Nino Migliori – Storia della Fotografia

Nino Migliori – Storia della Fotografia

“Mi racconto attraverso i miei scatti, componendoli come parole di una poesia”

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Uno dei più grandi fotografi del dopoguerra italiano è Nino Migliori: un fotografo che esprime la sua visione della realtà e del mondo cogliendoli nella loro molteplicità.
Compone immagini e dà voce al proprio punto di vista come fa uno scrittore con le parole, un artista con il colore.Cominciò la sua carriera fotografica nel 1948, armato di una fotocamera Retinette della Kodak. Erano anni strani quelli, anni in cui si respirava la possibilità di riappropriarsi del proprio modo di essere e del mondo.
Prima si viveva con un profondo senso di precarietà. La guerra costringeva tutti a vivere il proprio tempo a ritmo del suono delle sirene degli allarmi, limitandolo con le restrizioni di movimento, angosciato dai rastrellamenti, costretto nel recinto del coprifuoco.

E cosa c’era di più adatto della fotografia? Inquadrava e si impossessava di un frammento di mondo.
“Mi piaceva entrare nell’esistenza che pulsava e la volevo cogliere nella sua molteplicità, nella varietà in cui si manifestava. I soggetti quindi erano i più disparati: il paesaggio, la natura, le foto ricordo legate ai riti famigliari e collettivi e soprattutto la gente, non solo riprendevo direttamente le situazioni e le persone ed entravo in contatto con loro, ma lo facevo anche in modo mediato attraverso i loro gesti e sentimenti, così ho cominciato a fotografare anche i muri.”

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“La fotografia è un’arte visuale, per cui necessariamente è legata alla storia dell’arte, ma ritengo che soprattutto sia linguaggio, racconto. Questo è il modo a me congeniale per comunicare. Con la fotografia si manifestano idee, opinioni, si narra il proprio punto di vista, si prende posizione e come lo scrittore si esprime attraverso le parole utilizzando la penna piuttosto che la tastiera di un computer, il fotografo usa gli strumenti del mezzo. Col tempo ho radicalizzato questa opinione, quindi penso che il significato e l’importanza di un lavoro sia dato dall’insieme delle fotografie che lo compongono al di là della singola bella immagine, che ovviamente ha un suo valore. Non è certamente il numero che importa, ma la forza data dal loro comporsi; spesso, sempre per fare un paragone con la letteratura, mi piace citare un vero capolavoro poetico come M’illumino d’immenso costruito solo con 4 parole comuni, ma in questa sequenza sono così intense da squarciare infiniti mondi di sensazioni. ”

Tratto da : https://goo.gl/nvyMTF

La fotografia in bianco e nero

La fotografia in bianco e nero

 

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Si dice che la fotografia in bianco e nero sta tornando alla ribalta, ma in realtà è mai passata di moda?

Alle origini la fotografia era forzatamente in B/N: parliamo di fotografia analogica, con pellicole
La fotografia nasce da un’esigenza sociale e culturale di rappresentare
il più realisticamente possibile la natura e le persone calate nella
realtà quotidiana.
Nel 1816 Isidore Niépce ottenne le prime immagini su un foglio di carta trattata con il
cloruro d’argento, ma poiché queste hanno toni invertiti ed egli non riescì a fissarle.
Altra figura fondamentale per le origini della fotografia fu Louis Jaques Mandé Daguerre.
Daguerre continuò le ricerche ed mise a punto un procedimento il cui risultato viene chiamato dagherrotipo.
Si tratta di un’immagine, non riproducibile, impressa su una lastra di metallo, sviluppata con lo iodio e successivamente fissata con sale marino.
Questa tecnica ottenne immediatamente enorme successo.

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Ma chi si avvicinò sempre di più al risultato finale fu un funzionario delle finanze che risponde al nome di Hippolyte Bayard.
Già da anni egli si dedicava all’azione chimica della luce ed in seguito alla notizia della scoperta del dagherrotipo moltiplica i suoi sforzi fino ad ottenere prima negativi di carta, poi finalmente positivi diretti su carta.

Possiamo tranquillamente affermare cher la fotografia in bianco e nero trasmette ad oggi un’unidea quasi nostalgica: ricorda non solo le vecchie fotografie, ma anche gli albori della televisione.
Ma non è solo questo: il B/N mette in risalto le forme e le varie tonalità del soggetto fotografato, conferisce all’immagine un significato diverso, che a colori potrebbe apparire meno incisivo.

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Ecco che la fotografia in b/n si presta al meglio nei ritratti.
Molte celebrità, fin dagli esordi, si fecero immortalare dai più grandi fotografi: Steve McCurry, primo fra tutti.
Annie Leibovitz: prima ottenne il riconoscimento per il suo eccellente lavoro come fotografa per la rivista Rolling Stone. Più tardi nella sua carriera divenne fotografo personale per la rivista Vanity Fair.
Lee Jeffries: la sua collezione di ritratti di senzatetto in bianco e nero è unica e sorprendente. Raffigura un barlume di speranza negli occhi dei suoi soggetti.
Irving Penn: nel 1943 divenne assistente di Alexander Liberman, art director della rivista Vogue. Nel 1948 realizzò alcuni servizi per la rivista in Perù, mentre le diverse campagne fotografiche legate al mondo della moda realizzate nel corso degli anni cinquanta gli conferirono la prima fama internazionale.
Ma questi sono solo alcuni dei più grandi fotografi mondiali che hanno imparato a utilizzare la foto in b/n, dando maggiore significato ed espressività al solggetto immortalato.

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Robert Capa_Storia della Fotografia

Robert Capa_Storia della Fotografia


Uno dei padri fondatori della Fotografia,
un grande Artista e Foto-Reporter: ROBERT CAPA

Dal 16 settembre 2017 al 22 gennaio 2018
il Museo Civico di Bassano del Grappa ospita,
in collaborazione con
Magnum Photos, la Casa dei Tre Oci e Manfrotto,

la mostra “Robert Capa Retrospective”,
dedicata alla figura di spicco del fotogiornalismo del XX secolo.
Info

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BIOGRAFIA
Robert Capa nasce a Budapest nel 1913.

Il suo nome all’anagrafe risulta essere Endre Ernő Friedmann.
Nome che fu costretto a cambiare durante un periodo di clandestinità in Francia.

Viene considerato il primo e più famoso fotografo di guerra: documentò tramite una serie di scatti ben cinque diversi conflitti:
Prima tra tutti la guerra civile spagnola (1936-1939).
La seconda guerra sino-giapponese (che seguì nel 1938).
La seconda guerra mondiale (1941-1945).
La guerra arabo-israeliana (1948).
La prima guerra d’Indocina (1954).

I suoi studi furono indirizzati verso il ricco panorama delle Scienze all’Università di Berlino fra il 1931 ed il 193.
Proprio in questo periodo dovette lasciare la Germania nazista a causa delle sue origini ebraiche.
Autodidatta, cominciò a “farsi le ossa” in ambito fotografico come assistente di laboratorio, passando alla fotografia da freelance quando più tardi si trasferì nella bella e vivida città di Parigi.

La sua fama esplosa durante la guerra civile spagnola.
Memoriale è la famosa foto  “Il miliziano colpito a morte”, di cui ancora oggi si discute l’autenticità.
Robert capa miliziano colpito a morte

Robert Capa fu un grande appassionato anche del meccanismo cinematografico.
Nel 1936 girò alcune sequenze per il film di montaggio “Spagna 36” diretto da Jean Paul Le Chanois e prodotto da Luis Bunuel. ·
La relazione con l’attrice Ingrid Bergman gli permise di scattare alcune foto sul set del film “Notorious” (1946) di Alfred Hitchcock. ·

Nel 1947 assieme ad altri grandi maestri della fotografia, come Henri Cartier-Bresson, David Seymour, Georges Rodger e William Vandivert fonda l’ agenzia fotografica “Magnum Photos”.

Morì da fotografo, facendo il suo lavoro: esplose su una mina in Vietnam nel 1954.

LA SUA VERA ANIMA: LA FOTOGRAFIA

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Robert Capa e’ stato il padre della fotografia di guerra: la sua fu una vita vissuta fino in fondo. Spericolata, fatta di donne, grandi bevute, ed attrazione fatale per il pericolo.
Era consapevole del proprio fascino: attraeva allo stesso tempo belle donne ed approfittatori.

Era un fotografo molto famoso e noto a tutti nonostante toccasse temi forti e d’impatto.
Le sue foto hanno sempre raccontato di sofferenza, miseria e caos.
Ebbe la (s)fortuna di vivere in un tempo duro:
Un tempo di guerra, di dolore, ma anche di grandi vittorie.
Un tempo che aveva la consapevolezza di creare la Storia.
La sua carriera coincise con uno dei periodi più bellicosi in assoluto, ma Capa non perse mai l’occasione di raccontare e allo stesso tempo raccontarsi.
Lui era al fronte, pronto ad affrontare la morte per raccontare la guerra.

Il suo sguardo e’ completamente immerso nella realta’ che vuole rappresentare, cerca di limitare al minimo i filtri e le barriere tra fotografo e soggetto.
Si fa contaminare dalla vita e dall’uomo.
“Se le tue foto non sono buone, vuol dire che non eri abbastanza vicino”, recita la sua frase più famosa.
L’importante è stare dentro le cose. 

Documentò la anche la seconda guerra mondiale, lasciando immagini memorabili delle attività militari degli americani in Sicilia e dello sbarco in Normandia.

Si distinse anche come fotografo in tempo di pace, ritraendo attori ed artisti e documentando la vita decadente ed opulenta dei ricchi europei.

FRANCE. Provence-Alpes-C™te d'Azur.Golfe-Juan. Pablo PICASSO with his son Claude. August, 1948. Pablo PICASSO, artist, with his family.

FRANCE. Provence-Alpes-C™te d’Azur.Golfe-Juan.
Pablo PICASSO with his son Claude.
August, 1948. Pablo PICASSO, artist, with his family.

Rimarrà nella storia come il prototipo del fotografo di guerra  e come fondatore dell’ agenzia fotografica Magnum che con i suoi canoni etici ed estetici definisce ancora oggi il modo in cui il fotogiornalismo racconta il mondo.